QUELLO CHE NON C’È

foto a cura dell’artista

testo e regia Giulia Scotti
collaborazione al progetto Andrea Pizzalis
consulenza Alessandra Ventrella
con Giulia Scotti
disegno luci Elena Vastano suono Lemmo
coproduzione INDEX, tuttoteatro.com
residenza produttiva Carrozzerie | n.o.t con il sostegno di IntercettAzioni – Centro di Residenza Artistica della Lombardia, Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt), Olinda/TeatroLaCucina in collaborazione con mare culturale urbano, Ex Asilo Filangieri
produzione, organizzazione, amministrazione Valentina Bertolino, Silvia Parlani, Grazia Sgueglia comunicazione Francesco Di Stefano
Si ringraziano Antonio Tagliarini, Fabiana Iacozzilli, Francesco Alberici per averci creduto per primi. Un ringraziamento particolare a Daria Deflorian per il sostegno al progetto

Spettacolo vincitore del Premio “Tuttoteatro.com” Dante Cappelletti 2023
Menzione speciale bando Odiolestate 2023

Nella mia famiglia ci sono storie che non vengono raccontate nella convinzione che quello che non si dice non si saprà mai. Della storia di mia zia nessuno ha mai detto niente a me e a mio fratello, quello che sapevamo era che mio padre aveva tre sorelle e che adesso noi abbiamo due zie e che pertanto una delle tre non era più viva. Daniela, così si chiamava la sorella che manca.

Non ho ricordi di lei da viva, ne di noi due insieme. C’è una sua fotografia, quella sì la ricordo, non mi è mai piaciuta, è un po’ sgranata, un po’ anonima, e la faccia di mia zia è gialla, o almeno così mi sembrava quando la guardavo da bambina. È la foto che si consegna agli amici e ai parenti il giorno del funerale.

Quando è morta nessuno me lo ha detto. Ho un’immagine di quel pomeriggio. Sto camminando per la casa, mi fermo davanti al bagno dei miei genitori, ho come un presentimento. La porta è semi aperta, io guardo dentro: c’è mio padre, in piedi, con le braccia lunghe, tese, appoggiate al lavandino, sta piangendo, piange disperato, trema, si scuote, ma senza fare rumore. Ricordo di essermi preoccupata perché non avevo mai visto mio padre piangere.

Sono cresciuta e non ci ho più pensato: mia zia era morta e la morte fa venire tristezza, per questo, immaginavo, nessuno ne parlava mai.

Poi un giorno, avevo venticinque anni, mio padre è venuto da me e mi ha raccontato la storia di Daniela.
Lo ha fatto senza fermarsi, senza omettere niente, come se aspettasse quel momento da tutta la vita.

Questa è la storia di mia zia come l’ho saputa da mio papà, è la storia di un uomo che vuole salvare sua sorella dalla morte ma non ci riesce.

Quasi tutto è vero, alcuni pezzi sono inventati.