ALCUNE COSE DA METTERE IN ORDINE

concetto e regia Rubidori Manshaft
drammaturgia Rubidori Manshaft e Angela Demattè
con Roberta Bosetti Giacomo Toccaceli
produzione FIT Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea, Officina Orsi (Lugano)
con il sostegno UFC, Beisheim Stiftung, Fondation Philantropique Famille Sandoz, Paul Schiller Stiftung
collaborazioni Fondazione Parco San Rocco, (Morbio Inferiore), Centro Polis LIS (Lugano Istituti Sociali), Fondazione La Residenza (Malnate), Zona K (Milano), Teatro Giuditta Pasta (Saronno)
residenze Zona K (Milano), Olinda/TeatroLaCucina (Milano)

Dal vocabolario TRECCANI
vecchiaia
«L’età più avanzata nella vita dell’uomo, nella quale si ha un progressivo decadimento e indebolimento dell’organismo, con caratteri morfologici e organici propri compresi anch’essi sotto il nome di vecchiaia (nel linguaggio medico è preferito il termine senilità).»

La vecchiaia è il momento culmine della vita, è l’ultimo periodo, in cui si tirano le somme di una vita già vissuta, quasi al termine. Eppure non per tutti la vecchiaia è quel momento di pace, in cui la frenesia della vita giovanile si zittisce in riflessioni sul senso delle cose, in un riflettere che riassume una lunga esperienza, e che forse arriva a rispondere alle tante domande che si suole fare in gioventù. Per tanti il momento dell’anzianità è un momento di disperazione. Momento in cui ci ritrova con un corpo vecchio, non riconoscibile come utile, in una società che pare esaltare il corpo fino all’inverosimile, fino al parossismo, che ci porta in una condizione di krisis , nel momento in cui il tempo si delinea in maniera tangibile.
La conseguenza è che i rapporti amorosi nella società corrente spesso si circoscrivono all’apparenza dei corpi, a qualche cosa di istintivo, e in questo gioco animalesco, in questa società che pare aver perso un qualsiasi interesse verso la razionalità e la bellezza dei sentimenti, si cade nella disperazione, appena tutto ciò svanisce. E così la vecchiaia dall’essere vissuta con naturalezza, assume le caratteristiche di una vera e propria condanna.
É da qui che nasce Alcune cose da mettere in ordine.
Dall’interrogarsi sul corpo, sul suo significato politico. Sulla cura. Sul tempo. Sulla paura. Sul fare. Sul perdere sé stessi, le forze, il ruolo e a volte anche la ragione.


Dopo un lungo periodo di visite nelle case di cura con pazienti abili e non abili, sia fisicamente che mentalmente, periodo nel quale sono state raccolte registrazioni, immagini fotografiche, video, parole e racconti, calchi delle mani degli ospiti, e dopo un periodo di ricerca e studio su testi letterari e filosofici, si sono delineati pensieri e visioni, parole e domande, anche a partire dal sentire dell’artista, dalle sue esperienze personali, su quel pezzo di vita che si chiama vecchiaia.
Partendo dall’impossibilità di percorrere tutte le ramificazioni contenute nella parola vecchiaia in Alcune cose da mettere in ordine si è scelto di raccontare la storia di una donna un po’ oltre la soglia dei 60 anni, che inizia a porsi le domande sul divenire della vita.