RADIO GHETTO. VOCI LIBERE

COLLETTIVO RADIO GHETTO

SAB 16 LUG | ore 21.30
mosso
ex Convitto Parco Trotter
via Angelo Mosso 3, angolo via Padova

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drammaturgia Collettivo Radio Ghetto
regia Luca Lòtano
regia audio Jack Spittle
con Francesca Farcomeni
luci Raffaella Vitiello allestimento Raffaele Urselli montaggio audio Jack Spittle e Marco Stefanelli foto di scena Ginevra SammartinoAndrea Caramelli produzione Cranpi, Fortezza Est con il contributo di MiC – Ministero della Cultura con il supporto di Nuovo Cinema Palazzo residenza artistica Contrabbando 2018 e di Mono srls

 

«Non siamo qua per mangiare ma per essere liberi.
Non è la pasta che cambia, ma la libertà»

Capitalismo, migrazioni, sfruttamento e caporalato. Ma cos’è, in fondo, un ghetto? Esiste davvero? Chi ci vive? Cosa sognano i suoi abitanti, cosa vedono, che musica ascoltano, cosa mangiano, cosa significa e perché vivere in una baraccapoli in mezzo alle campagne? E ancora, perché un gruppo di occidentali ha vissuto per due mesi all’anno all’interno di quei ghetti?
Il progetto teatrale Radio Ghetto. Voci libere nasce per mettere in scena, in una modalità performativa, l’archivio e l’esperienza della radio partecipata – Radio Ghetto appunto – vissuta dai volontari all’interno dei ghetti dei braccianti agricoli del foggiano durante i mesi estivi.
Lo spettacolo apre un dialogo tra racconto e tracce audio diventando esplorazione sonora; un modo per “performare l’archivio” raccolto in anni di presenza nei ghetti, fatto di schegge, di storie, conversazioni, rumori ambientali, musiche. In bilico tra l’indagine e l’evocazione Radio ghetto. Voci libere è un progetto modulabile nella sua realizzazione e fruizione, pensato sia per sale teatrali che all’aperto. Nella versione site-specific è pensato anche per non-luoghi urbani o extraurbani. Senza cadere nel pietismo, lo spettacolo è un invito a riconoscerci, a tornare in quel ghetto che appartiene a tutti, se non come luogo come condizione esistenziale. E mentre la voce della radio e quella dell’attrice in scena dialogano, si interrogano, si sovrappongono quasi a confondersi, ci si rende conto che oltre l’oppressione, lo schiavismo moderno, le baraccopoli e i campi che ci circondano, ciò che si trova in fondo è un richiamo alla vita.